Alaska, the newsletter
095. La gente sta male

ciao a tutti cari Patron,
ecco come ogni domenica la newsletter in anteprima per voi. In questa giornata uggiosissima, ho pensato di partire da uno dei saggi che compongono il libro di Siri Hustvedt che sto leggendo ("A woman looking at men looking at women"). La scrittrice, grande appassionata di neuroscienze, per un certo periodo ha tenuto come volontaria un laboratorio di scrittura in un ospedale psichiatrico di Manhattan. In poche pagine condensa il rivoluzionario incontro con le persone chiuse nell'ospedale - ciascuna a modo suo colpita da una disfunzionalità non separabile dal contesto sociale - e l'inestricabile rapporto fra la parola, il disagio e l'aiuto terapeutico. È una lettura emozionante, e per Hustvedt un'esperienza che se possibile la allontana ancora di più dalle già contestatissime teorie (soprattutto americane) sulla malattia mentale come squilibrio chimico nel cervello da compensare con i farmaci.

Leggendola mi sono venute in mente alcune opinioni uscite in questi giorni sul Joker cinematografico di Todd Phillips, molte delle quali sottolineano la veridicità profonda del disagio mentale come crescente sintomo sociale e responsabilità collettiva, e non solo come malattia individuale. Allo stesso tempo, a Joker viene imputato un errore che può condizionare l'atteggiamento dell'opinione pubblica verso il disagio mentale, cioè l'equivalenza fra malattia mentale e violenza, che invece è statisticamente irrilevante. Qui l'opinione di The Insider.

Un'ultima osservazione sul disagio mentale come prodotto di una società disfunzionale lo possiamo vedere in questi giorni anche in una chiave politica su cui riflettere: Il volto dipinto del Joker sta spuntando spesso nelle manifestazioni di protesta di tutto il mondo, da Beirut a Hong Kong.

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina