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Marina Petrillo
Jan 6, 2018
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o6. tre cose nella calza!

Ben ritrovati nel nuovo anno, spero che abbiate passato belle giornate e ritrovato un pochino di pace, e grazie ai nuovi donatori che hanno scelto proprio il primo dell'anno per far passare alla mia campagna di crowdfunding su Patreon il 50% dell'obbiettivo :) Presto vi scriverò su Patreon con alcuni aggiornamenti importanti.

Come sempre, per ora la newsletter è soltanto per voi, e per questa settimana vi ho preparato una calza con tre cose psicopatiche per me imperdibili, da estrarre con cura fra mandarini e torroni :)


Tre cose nella calza


La prima cosa è una serie che in questo periodo potete vedere su Netflix, Wormwood. Ho una passione per Errol Morris, grande documentarista che quest'anno compirà 70 anni, e che fra le molte cose girò anni fa un documentario-intervista col generale McNamara che vi consiglio di recuperare, The fog of War, e prima ancora Gates of heaven, e The thin blue line, predecessore illustre di tutti i documentari che ricostruiscono vicende giudiziarie in cui è stato condannato un innocente. Nel cinema di Morris, appassionato di "noir", c'è una grande sapienza nel mescolare testimonianze dirette, tecniche pionieristiche di ripresa delle interviste praticamente senza voci fuori campo, e immagini di repertorio, ed è forse uno degli autori che più appassionatamente indaga la questione della verità/realtà/accuratezza. Anche stavolta non si smentisce: per Netflix ha realizzato una serie docufiction in sei puntate, Wormwood, che vuole risolvere il caso di Frank Olson, uno scienziato che lavorava per la Cia, che morì cadendo dalla finestra di un albergo a New York nel 1953 dopo aver inconsapevolmente assunto Lsd. Alternando immagini di repertorio, interviste di oggi e scene di fiction interpretate da attori, con una fotografia mirabile a tenere insieme il tutto, la serie è in gran parte la storia del figlio di Olson e dell'ossessione per la ricerca della verità sulla morte del padre che ha condizionato la sua vita. Di professione psicologo, il figlio di Olson ha creato una tecnica di analisi basata sul collage, e Morris incorpora immediatamente il collage nella serie come ulteriore strumento narrativo. Ecco, basterebbe anche così, se nel finale della serie non fossimo anche spinti a scoprire - grazie a un montaggio di immagini allusive, nascosta in un insistente "non si può dire" a causa di una fonte del super-giornalista Seymour Hersh che deve assolutamente restare anonima (ci sono 5' di Hersh su questo che da soli valgono la serie) - la vera soluzione del giallo. Perfetta, abbacinante, che mi ha folgorato solo al risveglio dopo averci dormito su.

***

A proposito di serie, non so se vi ricordate la "killer delle miniature" di CSI, e Grissom chinato sulle case di bambola che simulavano gli omicidi. Io non le ho mai dimenticate, ma solo molti anni dopo scopro che si trattava di una citazione: le case di bambola, o meglio i diorama, vennero effettivamente utilizzate fin dagli anni Quaranta per ricostruire le scene del crimine da Frances Glessner, pioniera della criminologia forense. Anche se oggi si usano modelli in scala reale e simulazioni virtuali, le ricostruzioni in miniatura di Glessner restano ancora un punto di riferimento, e il New Yorker ha da poco pubblicato la storia dei Nutshell Studies of Unexplained Death, la sua officina di diorama piena di minuscoli portaceneri, minuscoli mazzi di chiavi e minuscole lenzuola insanguinate. Una selezione dei Nutshells si può vedere alla Renwick Gallery dello Smithsonian a Washington fino al 28 gennaio.


***


Come si fa invece a rappresentare qualcosa che non si vede e non si può condividere? Non so più chi delle mie conoscenze ha postato su Facebook questa intervista ma lo ringrazio tanto, perché mi ha fatto scoprire un bel libro - e se soffrite anche voi di emicrania vi piacerà: è il progetto di diploma di Francesca Magliani, che ha cercato di rappresentare con l'illustrazione e i layout di pagina le sensazioni fisiche e ambientali dell'emicrania. Da accompagnare alla lettura di In Bed, l'imbattuto saggio di Joan Didion sul mal di testa, augurandoci di averne il meno possibile nel nuovo anno.

Grazie a tutti, tanti auguri affettuosi, e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina

La fotografia di questa settimana è "Darsena", dicembre 2017

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