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Marina Petrillo
Nov 18, 2020
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Alaska, the newsletter
138. Il lato oscuro

care a cari tutti,
spero di trovarvi bene in questi giorni di nuovo chiusi in casa, ecco il nuovo numero della newsletter dopo l'anteprima della domenica per i miei Patron, che sostengono con un piccolo contributo mensile il lavoro per il mio libro, per questa newsletter, per il blog, la fotografia e i podcast - potete farlo anche voi qui.
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Le cose non si mettono bene per l'insediamento di Biden il 20 gennaio, per adesso nel solco delle peggiori previsioni distopiche della vigilia. Oggi voglio raccontarvi quali preoccupazioni comporta questo per la democrazia americana.

Trump si rifiuta di riconoscere la sconfitta. La sua amministrazione avrebbe dovuto predisporre un comitato di transizione fin dallo scorso maggio, ma l'unica persona finora addetta a queste mansioni non ha ancora avuto l'okay al riconoscimento della vittoria dell'avversario. Non solo latita il passaggio di consegne, ma Biden non ha alcun accesso alla posta con le congratulazioni ricevute dai capi di stato di tutto il mondo, alcun accesso alla preparazione da parte dell'intelligence, e nemmeno una stanzetta provvisoria alla Casa Bianca per il suo staff, benché il comitato suo e di Kamala Harris stia già lavorando a pieno ritmo. Si delinea così un momento incerto e pericoloso anche per la sicurezza americana.

A parte qualche voce individuale, il Partito repubblicano è ancora schierato con il presidente uscente nelle accuse di brogli elettorali (smentite dai comitati elettorali in tutto il paese, e da una ricerca a tappeto del New York Times). Nel completamento dello scrutinio il margine di Biden è aumentato, portando molti stati fuori dalla possibilità di un riconteggio. Da una parte Trump organizza raduni dei suoi sostenitori (in barba alla pandemia che continua a fare strage di americani) e proclama di aver lanciato azioni legali, dall'altro di queste azioni legali non c'è traccia o vengono man mano respinte dalle sedi competenti. Intanto i trumpiani prendono tempo, licenziano personale, si vendicano dei non fedelissimi, e come in una brutta storia da repubblica delle banane, il neoeletto riconosciuto da tutto il mondo è tagliato fuori dal processo di insediamento. È una situazione senza precedenti, con le caratteristiche di un colpo di stato.

A valle del dibattito molto doloroso di questi quattro anni fra giornalisti su come si dovessero trattare le uscite del presidente, Ezra Klein scrive su Vox come dovranno comportarsi d'ora in poi.

"Il costante rullo di tamburi sul fatto che le elezioni possano essere in qualche modo illegittime fa danni di per sé": anche per Margaret Sullivan del Washington Post, i giornalisti hanno una responsabilità enorme nel come trattano le affermazioni del presidente uscente, dando il giusto peso alle cose senza provocare allarmismi ma anche chiedendo ai lettori la massima attenzione sulla posta in gioco - lo racconta qui.

Per la sociologa Zeinep Tufekci, il prossimo autoritario sarà molto più competente di Trump.

Questi per John Cassidy sul New Yorker i danni a lungo termine dell'eversione di Trump.

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina

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