Il modo in cui viviamo non è inevitabile
Alaska, the newsletter
126. "il modo in cui viviamo non è inevitabile"
care e cari,
spero di trovarvi bene, vi scrivo dalla città deserta, e immagino che chi può sia fuggito in luoghi più freschi. Sarò molto onesta, avrei voluto scrivervi di altro, in particolare di alcune cose che ho letto in occasione dell'anniversario del massacro di Srebrenica, domandandomi cosa abbiamo imparato. Ma fa caldissimo, guardo serie distopiche mentre la realtà sfida sempre più spesso gli sceneggiatori, e fissando l'orizzonte deserto della mia città mi preoccupo per il suo futuro, e per quello che l'epidemia NON ci ha insegnato. E ancora una volta, mi sento attirata dal pensiero fresco e vivo di chi, impegnato nel movimento di Black Lives Matter, continua a espandere la riflessione anche fuori dalla questione identitaria, mettendo in discussione una volta per tutte il modello di vita in cui siamo tutti incastrati (un'espansione del discorso che in Italia purtroppo dobbiamo ancora vedere). Così faccio quello che faccio sempre - vi dico le cose più belle che ho letto questa settimana, sperando che diano spunti e speranza anche a voi.
Per Barbara Ransby di The Nation, il movimento di Black Lives Matter è la nuova lotta di classe. Qui spiega perché la sinistra bianca dovrebbe sposare la leadership nera.
“Ci sono giorni - e questo è uno di quelli - in cui ti viene da chiederti qual è il tuo ruolo in questo paese e che futuro avrai qui. Come, precisamente, potrai dare un senso alla tua condizione qui e come potrai comunicare di essere qui alla vasta, distratta, indifferente, crudele maggioranza bianca. Mi terrorizza l'apatia morale, la morte del cuore, che sta avvenendo nel mio paese. Queste persone si sono illuse talmente a lungo, che davvero non pensano che io sia umano. E questo lo dico basandomi sulle loro azioni, non su quello che dicono. E questo significa che si sono trasformati in mostri morali".
Leggere e rileggere James Baldwin è scoprire e riscoprire una immensa grandezza di pensiero. Per gli Stati Uniti, una risorsa che può fare da bussola al cambiamento. È quello che auspica Raoul Peck su The Atlantic.
E infine, Interview Magazine ha parlato con la giovane saggista Jia Tolentino, che vi avevo raccomandato tempo fa. Non bianca, all'ottavo mese di una gravidanza a rischio vissuta durante il lockdown, parlando appena rientrata da una delle manifestazioni di New York fra le altre cose Jia dice in questa intervista che cosa ha imparato in questi mesi: "che quell'individualismo capitalista si è trasformato in un culto di morte; che Internet è un misero sostituto per la presenza fisica; che questo paese sottovaluta in modo criminale le persone più importanti che ha e le sue più importanti forme di lavoro; che il meccanismo online ci incentiva a dare valore alla rappresentazione di qualcosa (come la giustizia) al di sopra della cosa stessa; che la maggior parte di noi ha in sé molto più potenziale e capacità di sopportare l'incertezza di quanto siamo abituati a utilizzarne; che le condizioni di vita materiali in America sono costruite e reiterate da coloro che si trovano nella miglior posizione per sfruttarle; e che il modo in cui viviamo non è affatto inevitabile".
E ancora, "Sono anche molto sospettosa verso questo "Non Essere Razzisti" vissuto come un campo di addestramento. Perché approfondire la comprensione della razza, di questo paese, dovrebbe farti sentire che il mondo si sta aprendo, che ti stai dissolvendo nell'immensità della Storia e del presente, piuttosto che sentirti più scomodamente visibile a te stesso. Leggere più scrittori di colore non è come prendere una medicina. Le persone dovrebbero perseguire il genuino piacere di decentrare se stessi, e leggere fiction e storia insieme ai famosi manuali anti-razzisti, e non sentirsi come se dovessero sempre calibrare il loro preciso grado di colpa e bontà".
(in copertina, lo scrittore James Baldwin)
Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina