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Marina Petrillo
Mar 18, 2020
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111. Come saremo

Ciao,
vi penso e mi chiedo in quale situazione si trova in questi giorni ciascuno di voi. Spero che stiate bene, e con voi le persone più care.

È passato il primo fine settimana in chiusura totale, stiamo tutti leggendo moltissime notizie, forse troppe, e questa settimana non mi va di ingozzarvi con altri link, mi sembra inutile e non me la sento. Mi va di scrivervi sapendo che stiamo provando tutti e spesso le stesse cose, e come le vedo da qui. Ho deciso di non tenere un diario pubblico, né di fare il podcast che per un po' ho avuto il momento, ma di usare queste settimane per riflettere, prendere appunti e studiare, in attesa di un giorno in cui comparirà nelle parole qualcosa di sensato. Per ora vi arrivi solo questa piccola lettera. che contiene le mie preoccupazioni.

Per vari motivi io sono già al quattordicesimo giorno a casa. Amo stare a casa e ho bisogno di molto tempo per conto mio, ma da quando è cominciata questa storia in realtà non ho nemmeno il tempo per pensare. E stare così non è la stessa cosa che stare a casa. E quelle poche volte che si esce per una necessità, si capisce che non c'è un vero "fuori" dove andare. Come molti di voi, sono sempre connessa, un po' per lavorare, un po' per sapere che cosa succede, un po' per sentire tutti via Skype dal pranzo all'aperitivo, un po' per sapere a che ora si canta "Volare" dai balconi, approfittare di corsi e letture online, e poi per organizzarmi, portare la spesa di sotto ai vicini, sentire i parenti meno giovani, consolare i fidanzati separati dalla logistica prima delle zone rosse e ora del lockdown nazionale. Parliamo talmente tanto che la sera sono esausta - parliamo di tutto, da dove fare la spesa online alle nostre paure, ma delle sirene di ambulanza la notte non parliamo, anche se ci tengono svegli e ci stringono il cuore.

E così, pensavamo che a noi non sarebbe capitato e invece sì. Gli scaffali vuoti, gli slanci di solidarietà, le morti senza addii e senza funerale, le tessere del domino che cadono pian piano con effetto ritardato in tutta Europa, negli Stati Uniti, e dalla Thailandia all'Australia, noi scettici di ieri che oggi dispensiamo buoni consigli. Ogni giorno prima del tramonto mi coglie questa enorme gratitudine di avere un tetto sulla testa, di avere un lavoro (e un lavoro che posso svolgere da casa), di avere tanti amici e che stiano quasi tutti bene, di avere un micio simpaticissimo che è tanto felice di avermi qui 24 ore su 24, e di avere tante cose da imparare che mi tengono occupata, e progetti a cui posso dedicare un po' di tempo perché il mondo si è fermato. Ogni giorno ho un momento di paura, ogni giorno ho un momento di enorme tristezza per quello che ci sta capitando e per chi si sta sacrificando per noi, e ogni giorno ho un momento di gioia, per non essermi fin qui ammalata, o perché il glicine sta mettendo i germogli, o perché nel puro silenzio si sentono così limpidi i canti degli uccelli e senza le nostre auto l'aria è pulita. Ma ogni giorno sento anche il peso incombente del disastro che esserci fermati provocherà al lavoro di moltissimi, alle città, alle nazioni.

Perché il sistema in cui viviamo è progettato per far sì che non ci possiamo fermare, mai. Il virus ci ha fermato. Ci costringe a casa in una specie di parodia del mondo smaterializzato e iperconnesso, abbracciati al wifi, senza baci, a guardarci dentro e a contemplare da reclusi la bellezza di un mondo fuori in cui non ci è permesso camminare. Ci mostra quanti sono quelli che una casa non ce l'hanno, quanto è importante pagare le tasse per una sanità pubblica che sia per tutti, quanti innumerevoli gesti di grazia e buon cuore siano ora indispensabili, e quanto siano patetici i proclami di sovranismo e protezione dei confini, quanto siano vacui i desideri di consumo sfrenato, quanto fosse arrogante pensare che il benessere materiale potesse proteggerci da tutto, compreso la necessità di stare coi nostri simili. La scienza ci aiuterà a uscire da questo incubo, ma non risolverà la nostra bancarotta morale. Non potremo fanaticamente ricostruire con la stessa mentalità che avevamo prima. Quando tutto questo sarà finito, come saremo? Cosa ce ne faremo di tutta questa sofferenza se non ci lasceremo cambiare? Chi saremo domani, cosa vorremo per noi, per i piccoli, per la natura, per i nostri simili che patiscono ogni ingiustizia, per questo pianeta?

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima.
Marina

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