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Di padri scomparsi

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Marina Petrillo
Sep 15, 2019
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089. di padri scomparsi

care e cari Patron,
accade di rado ma è stata una settimana triste per me, cominciata con la notizia della morte dell'adorato Robert Frank, e finita con il funerale del mio ex direttore Piero Scaramucci - mio amato maestro, mentore, amico. Vi scrivo di questo perché ha riempito tutti i miei giorni e mandato all'aria tutti i piani.

Di Piero ho condiviso il ricordo su Radio Popolare con tanti miei compagni di strada che come me gli devono moltissimo, ma non riesco a scrivere. Proprio perché ha avuto una vita molto pubblica, suppongo di aver bisogno di preservare di lui qualcosa di personale e privato. In rappresentanza di un debito esistenziale così grande, e dell'irriverenza che avevano in comune, capirete che mi è più facile scrivervi tre cose di Robert Frank.

All'inizio ho incontrato The Americans di Robert Frank perché era importante per Bruce Springsteen, e a Robert Frank era legato lo scatto di David Michael Williams usato per la copertina di Nebraska. A sua volta Bruce aveva conosciuto The Americans perché qualcuno che gli voleva bene glielo aveva regalato. Questa matrioska di storie l'ho raccontata nel mio libro su Bruce, Nativo americano, e nel corso degli anni ho cercato di collezionare di Robert Frank tutti i libri e vedere tutte le mostre che potevo, a volte facendo viaggi molto lunghi e scoprendo qualcosa di nuovo ogni volta. Del suo museo permanente a Zurigo mi sono detta che lo avrei tenuto da parte per ultimo, e immagino che il momento di andarci sia arrivato.

Su Frank, l'ebreo svizzero che seppe vedere gli americani come nessun altro, è stato scritto moltissimo - sopra ogni cosa la fulminante prefazione di Jack Kerouac a The Americans. Le sue foto sono sulla copertina di Exile on Main Street dei Rolling Stones. Quindi si possono al massimo aggiungere piccole evocazioni personali. Ci ho messo molti anni a capire perché lo amavo in modo così viscerale, al punto da tremare davanti alla stampa di una sua fotografia. Era il più scrittore dei fotografi, il meno macho (penso alla vulnerabilità degli scatti degli interni newyorchesi quando era appena immigrato e della vita domestica con sua moglie), il più umile e silenzioso, e il suo bianco e nero era plasmato e materico. Robert Frank non era solo lo sguardo, l'intenzione e l'inquadratura - era inchiostro, pellicola, disegno, carta, polaroid, sequenza, celluloide, diario, taccuino, penna nera, calligrafia, pezzetti di scotch. Era beat, era punk, era jazz,e guardava ogni cosa con lo sguardo del migrante.

Una decina di anni fa, il Metropolitan Museum di New York ospitò Lookin in, una mostra sul lavoro complessivo da cui provenivano gli scatti di The Americans. La fotografia che scelsero per il manifesto era Elevator Girl, e qui trovate la storia di quando l'allora ragazza della fotografia, Sharon Collins, scoprì di essere stata fotografata da Frank nel 1955 e conosciuta in tutto il mondo. Fra i molti gioielli, vidi finalmente le migliaia di provini su cui Robert Frank aveva cerchiato col pennarello rosso gli 83 scatti finali. In quasi tutti i casi, in un'epoca di fotografia documentale ingessata e classica, aveva escluso le inquadrature perfette, le immagini più nitide, e all'immagine dell'uomo in completo nero che passava sotto una scalinata di legno (molto vicina a Walker Evans) aveva preferito quella appena dopo, dove dell'uomo che cammina sotto la scala si vedono ormai solo i pantaloni, le scarpe e il bastone.

A San Francisco, alla libreria City Lights, ho capito quanto fosse vivo, contemporaneo, con i suoi lavori intrecciati a quelli della Beat Generation accanto ai poeti appena pubblicati, transdisciplinare, ben radicato nel presente, e per fortuna presi dallo scaffale un piccolo cofanetto, con la copertina battuta a macchina e il dvd del suo primo film Pull my daisy.

Infine, uno degli oggetti che più amo è Come again, il suo libro del 1991 sulle tracce della guerra civile nell'architettura di Beirut - le sue foto in bianco e nero riprodotte lucide come se fossero stampe fissate con lo scotch di carta sulla griglia di un quaderno a quadretti, le facciate dei palazzi amate come fossero volti di persone.

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima.
Marina

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