A working class hero is something to be
Alaska, the newsletter
042. a working class hero is something to be
cari tutti!
spero di trovarvi bene nonostante l'aria che tira, e vi preannuncio che presto sarò pronta per voi in anteprima la nuova puntata del podcast, e che ci saranno altre novità! Intanto...
Per me un eroe della classe operaia - quello evocato da John Lennon - è una cosa talmente sacra che ci penso due volte a scomodarlo. Ma sarà il mio nuovo lavoro, o sarà tutta la retorica sul non ascoltare i lavoratori, m'è venuta voglia di consigliarvi tre cose che con la classe operaia c'entrano assai.
Una è il Museum of Broken Windows, un'installazione artistica collettiva che sarà allestita per tutta la prossima settimana sull'Ottava strada ovest a New York, accompagnata da diversi incontri e discussioni. La teoria delle finestre rotte è una formulazione accademica dei primi anni Ottanta secondo la quale segni di disordine in un quartiere incoraggiano i crimini minori e portano a crimini più seri. Oggi questo postulato, adottato per quasi quarant'anni dalla città di New York, è seriamente messo in discussione dagli studi sul crimine, e nel frattempo ha portato a una criminalizzazione della povertà e al controllo di polizia sproporzionato nei quartieri neri e latinos.
Il secondo spunto che vi propongo è una bella intervista su Q Code allo scrittore Alberto Prunetti, che ha da poco pubblicato il nuovo romanzo "108 metri, the new working class hero" e qui racconta un po' i temi della sua scrittura, e le tecniche con cui sperimenta per affrontarli.
E infine, l'ultima è un'intervista della mia amica Lauren Bohn con Sarah Smarsh, che in una delle famiglie bianche poverissime del cosiddetto "white trash" americano tanto evocate oggi per spiegare il successo di Trump ci è cresciuta, nel Kansas rurale, e ci ha scritto un libro , "Heartland", ora candidato al National Book Award. Per Smarsh, uno dei motivi drammatici per cui non si comprende correttamente la povertà è che di rado permette ai giovani di accedere all'università, e quindi di produrre un giorno le narrazioni che la rappresentano - una cosa che lei ha desiderato fare da quando aveva 21 anni.
Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina