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Alaska, the newsletter 040

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Marina Petrillo
Sep 12, 2018
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040. Serena

ciao a tutti!
nei suoi primi 40 numeri, questa newsletter ha parlato ai miei Patron di politica e di musica, di battaglie per i diritti e di urbanistica condivisa, di cultura afroamericana, di arte contemporanea, di letteratura, di femminismo e di giornalismo, ed è più o meno quello che potrete aspettarvi adesso che la riceverete anche voi ogni mercoledì. Come in una stanza bianca di una galleria, ogni settimana scelgo tre cose che amo o che mi hanno colpito e le metto insieme per vedere cosa succede. Spero che vi piacerà! Vi ricordo che la newsletter non sarebbe possibile senza il supporto delle decine di persone che anche con una piccolissima cifra mensile sostengono la mia scrittura su https://www.patreon.com/MarinaPetrillo (e che fra vari altri benefit ricevono la newsletter e il podcast con tre giorni di anticipo), e spero che in futuro vorrete prendere in considerazione di diventare anche voi sostenitori. Intanto godetevi la lettura e ci sentiamo la settimana prossima :)

Dunque, io di tennis in sé so poco, però vado pazza per una scrittrice afroamericana che si chiama Claudia Rankine, e che da sola potrebbe reggere i destini della saggistica sperimentale mondiale. È la mia ispirazione per quello che sto scrivendo negli ultimi anni, anche se va da sé che è inarrivabile. I suoi libri, in particolare Citizen, hanno vinto una valanga di premi, compreso il mitico Whiting Award per la non fiction. Ai miei studenti cerco di insegnare "come fa", ma non è semplice, perché Rankine è un'artista/giornalista/attivista, che mescola di continuo i registri - nasce poetessa ma scrive critica e reportage, spesso intrecciandoli con fotogrammi di opere video e lavori di altri, e con frammenti autobiografici, e i suoi libri sono costruiti come collage. Le riesce una cosa rara, la riflessione lunga e profonda sul contingente, sul presente, in particolare sul razzismo.

In Citizen, le pagine più intense sono quelle che Rankine dedica a Serena Williams, la più grande tennista al mondo, e alla dolorosa battaglia culturale che si consuma da anni sulla sua immagine - facendone un simbolo della guerra sul corpo nero, in particolare di donna nera. Così, in una settimana che ha visto l'eroe della protesta #takeaknee Colin Kaepernick diventare testimonial della Nike - qui una bella analisi di Jelani Cobb di costi, benefici e significati della controversia che Nike sta cavalcando (e vincendo)- e Serena Williams perdere agli US Open con accuse all'arbitro e dopo una polemica a colpi di tutine e tutù, ho pensato fosse cosa buona riproporvi un articolo su Serena Williams che Rankine scrisse per il New York Times nel 2015, una sorta di versione in prosa normale e un filo meno straziante di quello che ha scritto nel suo libro rivoluzionario.

"The daily grind of being rendered invisible, or being attacked, whether physically or verbally, for being visible, wears a body down."

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina

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