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Marina Petrillo
Sep 9, 2018
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Alaska, the newsletter
040. Serena

cari tutti!
questo 40° numero della newsletter è il primo che - sebbene sempre tre giorni dopo la vostra anteprima! - condividerete anche con chi non è Patron. Il resto del mondo, diciamo così, iscrivendosi riceverà la newsletter il mercoledì. Un po' è per allargare il numero delle persone che accederanno ai contenuti che preparo, un po' speriamo che altri si aggiungano alla lista dei Patron, e in generale per me sarà un modo per restare "collegata" anche adesso che ho cominciato un nuovo lavoro, come sapete molto diverso da quello che facevo prima. Nelle prossime settimane ci saranno anche altre novità e - promesso - voi sarete sempre i primi a conoscerle! Intanto come sempre grazie per il vostro supporto e spero che questo inizio di stagione vi sorrida.

Dunque, io di tennis in sé so poco, però vado pazza per una scrittrice afroamericana che si chiama Claudia Rankine, e che da sola potrebbe reggere i destini della saggistica sperimentale mondiale. È la mia ispirazione per quello che sto scrivendo negli ultimi anni, anche se va da sé che è inarrivabile. I suoi libri, in particolare Citizen, hanno vinto una valanga di premi, compreso il mitico Whiting Award per la non fiction. Ai miei studenti cerco di insegnare "come fa", ma non è semplice, perché Rankine è un'artista/giornalista/attivista, che mescola di continuo i registri - nasce poetessa ma scrive critica e reportage, spesso intrecciandoli con fotogrammi di opere video e lavori di altri, e con frammenti autobiografici, e i suoi libri sono costruiti come collage. Le riesce una cosa rara, la riflessione lunga e profonda sul contingente, sul presente, in particolare sul razzismo.

In Citizen, le pagine più intense sono quelle che Rankine dedica a Serena Williams, la più grande tennista al mondo, e alla dolorosa battaglia culturale che si consuma da anni sulla sua immagine - facendone un simbolo della guerra sul corpo nero, in particolare di donna nera. Così, in una settimana che ha visto l'eroe della protesta #takeaknee Colin Kaepernick diventare testimonial della Nike - qui una bella analisi di Jelani Cobb di costi, benefici e significati della controversia che Nike sta cavalcando (e vincendo)- e Serena Williams perdere agli US Open con accuse all'arbitro e dopo una polemica a colpi di tutine e tutù, ho pensato fosse cosa buona riproporvi un articolo su Serena Williams che Rankine scrisse per il New York Times nel 2015, una sorta di versione in prosa normale e un filo meno straziante di quello che ha scritto nel suo libro rivoluzionario.

"The daily grind of being rendered invisible, or being attacked, whether physically or verbally, for being visible, wears a body down."

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina

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