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Marina Petrillo
Aug 5, 2018
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Alaska, the newsletter
036. La lista

cari tutti!
l'attenzione scarseggia, il fresco pure, qualcuno è bloccato in città, qualcuno è in fuga, e voglio ringraziarvi per la costanza con cui state supportando i progetti di Alaska. Settembre sarà un mese cruciale per molte cose, che vi racconterò man mano, ed è in arrivo la nuova puntata del podcast. Intanto, come ogni settimana il mio modo di ringraziarvi è la newsletter, che farà vacanza soltanto il 18 agosto.

In questi giorni stavo preparando la Web Review di Open Migration quando l'ho incontrata di nuovo. È conosciuta semplicemente come La Lista. È l'elenco delle generalità delle persone migranti o rifugiate morte sui confini europei di mare e di terra dal 1993 a oggi.

La Lista viene continuamente aggiornata da una rete anti-discriminazione, United for Intercultural Action, che comprende più di 560 organizzazioni di tutta Europa. Oggi nella Lista ci sono i nomi di 34.361 persone, ma continua ad allungarsi. Da più di dieci anni, grazie alle cure di un'artista di Istanbul che si chiama Banu Cennetoğlu, è diventata un'opera d'arte viva, che viene esposta in luoghi pubblici e musei. Il motivo per cui è tornata nelle cronache in questi giorni è che due giorni fa, nella sua ultima esposizione in corso alla Biennale di Liverpool, è scomparsa dal lungo muro in Great George Street dove era stata affissa. Lo ha denunciato la mattina dopo con un tweet la stessa Biennale.

La Lista viene esposta spesso, ma la sua condivisione pubblica più famosa è stata nel 2015, quando venne distesa a mo' di passatoia in un lunghissimo corridoio del Parlamento Europeo, costringendo i parlamentari a calpestarla per poter andare a lavorare.

Io non l'avevo mai vista da vicino. Ci pensavo spesso. Poi, esattamente un anno fa, la Lista è stata esposta all'interno di una grande mostra sulle migrazioni alla Triennale di Milano. Stavolta era distesa sotto forma di piccoli fogli su un tavolo stretto e lunghissimo, illuminata da alcuni faretti, in una stanza appartata e silenziosa. Il tavolo sembrava infinito. Lo vedete nella mia foto di copertina, e per vedere la lunghezza intera provate a guardare la newsletter dal vostro telefono.
Dalla stanza si sentivano i passi di chi stava visitando le sale all'esterno con le opere più grandi, e il modo in cui chiunque entrandovi istintivamente abbassava la voce la trasformava in una specie di cappella sacra.

La differenza fra sapere che la Lista esiste e leggerla davvero è lacerante.
Nell'elenco ci sono i casi noti di morte per attraversare i confini europei, e la data di morte, e quando si può il genere, l'età, l'origine. Non sempre si conosce il nome e cognome della persona, e a volte nemmeno il nome. Spesso, di una persona di cui non si conosce il nome si conoscono però dettagli minuziosi su come è morta, che vengono elencati in un'altra colonna. Nell'ultima colonna compare per ogni nome la fonte della notizia della morte - organismi internazionali, soccorritori, Ong. Man mano che la leggi, la Lista si popola di vita e di fughe e di sogni - adolescenti siriani, operai afghani, una donna col suo bambino - ma anche di osceni e infiniti modi di morire: annegati, per lo più; colpiti da un proiettile, accoltellati, morti di infarto in un centro di detenzione, fulminati da un pannello elettrico su un treno, trovati su una spiaggia, nel deserto, in una buca, al lato di una strada, mai sepolti, innominati. La Lista - comprese le sue terribili lacune - è veramente il lato oscuro dell'Europa.

Per vederla coi vostri occhi, è qui, aggiornata al 5 maggio di quest'anno.

Qui invece c'è la storia di come Banu Cennetoğlu ha preso a cuore la Lista al punto da dedicarle gran parte della sua attività artistica.

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima.
Marina

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