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Marina Petrillo
Jul 22, 2018
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034. sani di mente

cari tutti!
vi scrivo fra le tempeste vere e quelle metaforiche - molte cose stanno cambiando, e non è detto che nell'adattarci e reagire non scopriremo strumenti straordinari per vivere meglio tutti insieme. Come sapete, ho un po' una fissazione per i progetti che restituiscono valore allo spazio pubblico, e oggi voglio raccontarvi la storia di Sidewalk Talk, e di altri progetti analoghi.

A San Francisco, fra straordinarie eredità delle battaglie per i diritti civili e l'apparente prosperità portata dalle grandi aziende tecnologiche, si sono però aperte crepe molto profonde - da quelle razziali, mai veramente risolte, a quelle dell'accesso alla casa, reso drammatico da un processo di gentrificazione così rapido da lasciare migliaia di persone per strada. Anche chi riesce a cavarsela soffre però di non riuscire a stare mai al passo con la corsa al successo che la città ha finito suo malgrado per rappresentare.

Nell'autunno del 2014, una psicoterapeuta di nome Traci Ruble ha riunito in città un gruppo di 26 colleghi convinti che il benessere mentale non sia (o non solo) un fatto privato. Partendo dall'idea della prevenzione del suicidio, hanno fondato un progetto per ascoltare le persone per strada, gratis, senza altro fine che quello di farle stare meglio. Il gruppo ha preparato una sorta di modello, e sei mesi dopo, a primavera del 2015, ha creato 12 postazioni in tutta la città, con sedie e cartelli sui marciapiedi e nelle piazze, offrendosi di ascoltare gli sconosciuti.

È andata così bene che oggi Sidewalk Talk - diretto quasi solo da donne, di ogni possibile etnia - funziona in tante città, non solo negli Stati Uniti (e ha dato origine a progetti simili, come l'Urban Confessional). Ogni città ha una guida che coordina i gruppi, e per diventare volontari si risponde a un questionario e si segue un training. Traci Ruble dice che l'arte dell'ascolto si sta perfezionando, e che più i volontari ascoltano, più comprendono le diversità sociali e diventano empatici. A volte, dice, succede che diventano loro gli "ascoltati". Le persone sono spesso combattute sul fatto di fermarsi a raccontare i loro pensieri, e ai gruppi di sedie da campeggio si siede un insieme di individui dai problemi più diversi, da chi ha una vera emergenza di salute mentale o di solitudine, a chi sta correndo in ufficio e interrompe la propria routine per alleggerirsi di un peso o cercare un consiglio, neutralizzando a cielo aperto l'imbarazzo della conversazione terapeutica.

In Italia l'ascolto di strada esiste, in alcuni casi con progetti di eccellenza, ma spesso mirati alle situazioni di disagio estremo, come quelle dei senzatetto o delle prostitute e vittime di tratta. Intanto, l'arte dell'ascolto è quella che in tanti paesi sta permettendo tavoli di rielaborazione di traumi o conflitti, di riconciliazione etnica e religiosa, e di sviluppo dell'azione civica, come nelle iniziative del Listening Project.

E poi c'è Brandon Doman, che dal 2009 sta seduto nei parchi e nei caffè a chiedere alle persone di scrivere una storia della loro vita in forma anonima sul suo quaderno - lo Strangers Project.

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina


PS in copertina, "Synchro System" di Carsten Höller

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