altri modi di vedere
Alaska, the newsletter
029. altri modi di vedere
cari tutti,
pare che i racconti del nostro mondo in questi giorni siano stati obliterati dalla macchina sputa-notizie del nostro nuovo ministro degli Interni, e da coloro che si affrettano a raccoglierle e inseguirle, di solito senza contraddittorio. A maggior ragione per questo, cerco di concentrarmi qui su qualcos'altro - anche se, come avete visto, un po' c'entra, visto che il ministro in persona ha lanciato proprio in queste ore il tema degli "incels" di cui vi raccontavo la settimana scorsa, e del piano occulto che vorrebbe impedire agli italiani di fare bambini. Proprio nelle stesse ore, Papa Francesco ha ritenuto di doverci ricordare che l'unica famiglia a immagine di Dio è quella formata da uomo e donna e che l'"aborto selettivo" è come "nazismo in guanti bianchi".
Per contrastare una visione del mondo in mono, diciamo così, bisogna che ci ricordiamo della molteplicità dei punti di vista e della intersezionalità delle battaglie, e che quasi sempre le discriminazioni per tutti cominciano dalla negazione dei punti di vista, dalla mancanza di rappresentazione, e dal controllo dei corpi.
Quindi mi va di cominciare dalla storia di Savita Halappanavar, la cui morte a 31 anni perché le era stato impedito di abortire ha innescato la svolta al referendum sull'aborto del 25 maggio in Irlanda, che ora permetterà di introdurre una nuova legge simile a quella in vigore in Italia. Da ragazza, i miei primi articoli furono proprio dall'Irlanda su uno dei tentativi di referendum, che fallì. La sofferenza e la discriminazione sociale che vidi allora, provocate dall'impossibilità di abortire - le ragazze ricche andavano ad abortire in Inghilterra, lontano dagli occhi e dalla Chiesa cattolica - non le voglio mai dimenticare.
Intanto ho ritrovato un articolo di Caroline Lees su una ricerca dell'Osservatorio europeo sul giornalismo, che ha misurato la presenza delle donne nelle testate giornalistiche europee: "L’informazione in Europa è sempre più dominata dai giornalisti e da commentatori uomini, che spendono la maggior parte del proprio tempo scrivendo di altri uomini".
E indovinate un po' chi è a produrre la maggior parte delle mappe con cui misuriamo il mondo? Di nuovo gli uomini. Anche qui, non è solo un problema di quote, ma di restituzione di un punto di vista. City Lab racconta che perfino nell'uso più democratico delle mappe open source il primato è maschile, e che la presenza femminile emerge in modo più importante sulle mappe ad uso umanitario; cosa spunta sulle mappe quando ci sono anche le donne a crearle, e perché è così importante.
Se il Ministro ci lascia anche vivere, presto aggiornamenti via Patreon, intanto grazie grazie grazie a tutti.
Marina