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ho sposato un comunista

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Marina Petrillo
May 27, 2018
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026. ho sposato un comunista

ciao a tutti,

credevo sarebbe stato più facile, scrivere qualche riga sullo scrittore del mio cuore. Invece, dopo essermi svegliata la mattina del mio compleanno con la notizia della sua morte, ho passato una serata a sfogliare tutti i i suoi libri, ritrovando cose perdute che in qualche modo ne fanno per me quasi un parente - come una dedica a matita di mio padre di 20 anni fa sul tascabile americano di quello che sarebbe diventato il romanzo più importante della mia vita, "Pastorale Americana": "se poi non ti piace, ridammelo pure!". Gli ho mandato un messaggio per ricordarglielo e ha riso moltissimo, anche perché quel paperback non l'ha mai più rivisto. Ecco, circondata dai libri di Philip Roth so che continuerò a sentire la sua voce.

Non credo se la fosse presa per non aver mai vinto il Nobel, sapeva se non altro di essere considerato il più grande scrittore vivente. Però quando avevo sentito che il Nobel quest'anno non sarebbe stato consegnato, ho pensato che fosse una specie di segno, che la ragione di quella sospensione lo avrebbe fatto sorridere, e che ora avrebbe smesso di aspettare. Alla fine non era soltanto un gigante che ammiravo sconfinatamente, ma gli volevo bene, a maggior ragione per la sua straordinaria decisione, qualche anno fa, di smettere di scrivere.

Una delle interviste più belle in assoluto con lui resta quella che gli fece nel 1984 Hermione Lee per la Paris Review of Books. Sappiamo che negli ultimi anni stava aiutando il suo biografo a fare ordine fra tutte le sue carte, e ora aspetteremo la biografia. Capiva l'America come nessun altro, ma allo stesso tempo era anche l'ultimo grande romanziere russo ottocentesco, e sapeva di essere un uomo d'altri tempi. Aveva fatto irruzione sulla scena letteraria sfidando il bigottismo e viene sempre ricordato per i suoi alter ego libertini, ma credo che abbia scritto le sue cose più grandi e universali dai 60 anni in poi, e che anche quando lasciava uscire qualcosa di men che bello, stesse in realtà cercando di scrivere "Everyman", e alla fine ci è riuscito.
Si considerava un uomo creato dai libri, e una delle ragioni per cui in tarda età ha smesso di scrivere è stato per poter dedicare il tempo a vivere e a leggere. Era il discendente di una grande stirpe letteraria, e lo sapeva, e non nascondeva di dialogare costantemente nel proprio cuore con Saul Bellow e Primo Levi. Era, come Italo Calvino, nemico giurato della vaghezza.

A François Busnel aveva detto qualche anno fa che si può solo scrivere meglio che si può, mettendoci tutti se stessi, "con una responsabilità nei confronti della funzione morale della letteratura, una delle grandi cause perse dell'umanità". Lo raccontava nel suo modo serissimo e commovente nella puntata di "America tra le righe" sul New England, che siccome non è più disponibile su RaiPlay vi metto un po' buffamente nella sua versione francese. Ogni volta che rideva o sorrideva (anche delle proprie battute) sembrava ringiovanire di 40 anni, un misto di tenerezza e selvaggia furbizia e godimento fanciullesco, e lo si vede anche qui, nell'intervista del 2011 per il Book Review Show.
Faccio un po' fatica a pensare che non ci sia più, con quell'intelligenza spumeggiante di cui avremmo tanto bisogno, ma credo che prima di andarsene ci abbia detto tutto quello che sapeva.

Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina

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