A piedi
Alaska, the newsletter
025. a piedi
cari tutti,
troppi viaggi e adesso non ce la farò mai con la deadline per concludere la prima stesura del libro e partire col podcast! Il compleanno resta quello, ma la deadline credo slitterà di qualche giorno, fino a fine mese, ma naturalmente prometto di tenervi aggiornati :) E sempre grazie per il vostro sostegno e per la partecipazione che mi trasmettete anche coi vostri messaggi.
Questa cosa delle deadline che si spostano è un po' come la storia di fare 10 mila passi al giorno - mi ci impegno da quasi due anni, e di sicuro non sono mai riuscita a farlo tutti i giorni, ma aver deciso di farlo e non cambiare idea mi rende più costante e mi fa tornare a farlo anche quando salto qualche appuntamento. Mi rendo conto che andare a piedi (e coi mezzi pubblici) è il mio vero modo per misurare il mondo, e reduce da alcuni vagabondaggi nella mia città e da due viaggi lampo che in pochi giorni mi hanno fatto ritornare a Berlino e ad Amsterdam (dove ho fatto 40 chilometri a piedi in tre giorni nonostante otto ore quotidiane di workshop), vi propongo alcune cose che c'entrano con questo.
La prima gita è all'Osservatorio Prada vicino al Duomo di Milano, teoricamente uno spazio per la fotografia, ma per me onestamente più un tempio per venerare da sopra i corridoi e la cupola della Galleria. Sotto, da poco restaurata, la Galleria è tutta ori e marmi e decorazioni deliziose e vetri che sembrano puliti e insegne scintillanti e lampade accese. Sopra invece c'è Batman, o almeno c'era quando ci sono andata la settimana scorsa. E fra ruggini, vetri rotti, scalette, decorazioni intraviste al contrario, nuvoloni di tempesta e genio ottocentesco, mi ha commosso pensare che in fondo, tutta quella struttura è pensata per chi, sotto, all'asciutto, cammina. Se non ci siete mai stati, fatelo, prometto che toglie il fiato.
Spesso gli amici stranieri mi dicono che in Italia siamo fortunati, abbiamo pochissimi non luoghi, e la densità delle strade nelle città permette di andare a piedi da un punto all'altro senza dover attraversare buchi, voragini di pianificazione e terre di nessuno, ma anzi, osservando molta vita sul percorso. Non a caso, l'idea stessa di centro commerciale, il luogo sulle arterie che si percorrono in auto nel quale ricollocare l'artificio del passeggiare e dell'andare "al mercato", è nata negli Stati Uniti. Ma perfino lì, i grandi centri commerciali stanno morendo, e per fortuna non danno segni di salute nemmeno qua. Giulio Silvano scrive un po' di cose a partire da questo.
Londra, Berlino e Amsterdam non possono che continuare a incuterci invidia per la loro cultura della bicicletta. Non è solo che la bici è un mezzo che non inquina, sostituendo l'auto, e che costringe a una sana attività fisica - è anche l'insieme di rituali collettivi, le mirabili reti di piste ciclabili, i semafori, le strisce, i cestini per i bimbi, e l'ammirazione per i nordici bardati contro il freddo e il vento per pedalare anche d'inverno. Però. Per la prima volta in vita mia, in questi mesi ho notato a Londra l'avvilimento dei ciclisti costretti a pedalare nei lunghi tunnel scuri dove corrono le piste ciclabili lungo il Tamigi, lontani dalla vista e dall'aria aperta o magari appena appena pulita che la bici di per sé fa sembrare accessibili. A Berlino, la fatica dei ciclisti che, pur spesso premiati da acque e parchi, devono fendere i molti non luoghi di una città dall'estensione immensa. E ad Amsterdam, il nuovo tipo di traffico creato dai ciclisti: di fretta, velocissimi (senza pietà per chi è più lento), spesso aggressivi, soverchianti rispetto ai pedoni, e talmente tanti da creare veri e propri ingorghi - matasse di impaziente ferro di bicicletta! - esattamente come quelli delle auto, o dei motorini a Roma. Per di più, ad Amsterdam le piste ciclabili diminuiscono e perdono organicità appena fuori dal centro storico, fin quasi a scomparire nei quartieri a più basso reddito. Dove la gente va a piedi e prende il tram, o non esce mai dal proprio quartiere. In ogni caso, siccome parlar male delle bici non si può perché l'alternativa pronta a riprendere il sopravvento è ancora l'auto, ecco una bella storia sulla lotta olandese per le piste ciclabili.
Grazie a tutti, un grande abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina