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Marina Petrillo
May 6, 2018
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023. Tibia, Pepper e Morsi

cari tutti,
prima di tutto grazie per il vostro costante sostegno, questa settimana più di ogni altra ne sono riconoscente perché:
1) è arrivato il microfono! Bello, sostenibile, robusto e capace, spero di esserne all'altezza :)
2) le conversazioni con alcuni di voi mi aiutano molto a prendere decisioni: quanto durerà il podcast? Che tono avrà? Che voce voglio che abbia? Ogni quanto uscirà una nuova puntata? E soprattutto, di cosa parlerà? Che taglio avrà? Anche questa sarà una settimana di prove, ma ci stiamo avvicinando.

Tibia, Pepper e Morsi

Se si parla di gatti e di aeroporti, due delle mie grandi passioni, non posso perdere l'occasione di parlare di gatti-perduti-negli-aeroporti.

Perdere un animale domestico, un po' come perdere un bambino in un grande luogo affollato, è una paura ancestrale, e per me lo è al punto che nei grandi momenti di incertezza della vita finisco sempre per fare sogni rocamboleschi in cui perdo un gatto.

Forse nel trasporto nei grandi non luoghi si rivela tutta la reale fragilità del nostro legame con l'animale domestico e la sua estraneità al moderno. O forse è che nulla nel trasporto per gli animali e nei non luoghi è pensato per il loro benessere, e tutti gli esseri che dipendono da noi (compresa una parte di noi stessi che proiettiamo su di loro) sono a rischio in questi ambienti burocratici e innaturali: l'ansia degli orari, delle code, del controllo bagagli, dei trasportini, dei bisogni da fare, della fame, della sete, delle stive buie, delle sale d'attesa, dei regolamenti, della burocrazia. Le storie di oggi sono di tre gatti perduti ma anche ritrovati, allo stesso tempo ansiose ed esilaranti, e tutte rivelatrici di altre storie.

La prima è la storia vera di Pepper, gatto perduto in questi giorni all'aeroporto JFK di New York, uno dei più trafficati del mondo, dalla sua umana che stava facendo scalo per andare in Cina. Intorno alla vicenda di Pepper (anche chiamato in mandarino Dai Meng, l'unico nome a cui pare abbia risposto alla fine delle ricerche) si è scatenata per più di una settimana la solidarietà del personale d'aeroporto e una gara di avvistamenti e annunci "wanted" sui social media. Alla fine è stato recuperato da un'amica della proprietaria, che nel frattempo si era trovata costretta a proseguire il suo viaggio.

L'incubo della storia di Pepper - il trasportino che si apre a tradimento ai controlli nonostante le rassicurazioni del fabbricante - è niente di fronte a quello del gatto adottato dal giornalista Peter Hessler, un Mau egiziano che i trasportini li distrugge direttamente da dentro: per la precisione, tre trasportini nel corso di un unico viaggio dal Cairo agli Stati Uniti. È una delle cose divertenti di una storia pubblicata questa settimana sul New Yorker, che parla in realtà degli anni in cui Hessler e la moglie hanno cresciuto due figlie gemelle sulla benestante isola di Zamalek in mezzo alla città. Il gatto, improvvidamente battezzato Morsi alla vigilia del colpo di stato militare che avrebbe deposto il neo presidente dallo stesso nome, è un pretesto per raccontare alcune vicende domestiche degli anni del post-rivoluzione. Per dirla tutta, i giornalisti che vivono ancora a Zamalek (e quelli che l'Egitto non l'hanno lasciato per scelta come lui, ma perché costretti dalle minacce e dalla paura) hanno duramente criticato questo pezzo, accusando Hessler di usare metafore spiccatamente orientaliste e di non essersi mai sporcato le mani col lavoro sul campo nei suoi anni al Cairo. Hessler non deve essersi fatto molti amici, e la sua storia, così ottocentesca (forse un'anticipazione del suo imminente memoir), non rivela una gran comprensione del paese che lo ha ospitato. Ma se parliamo strettamente di gatti, "il gatto Morsi" - che in una prima versione era anche il titolo della storia - è un personaggio imperdibile.

Infine, tutto questo mi ha per forza ricordato "Lost Cat", un minuscolo memoir della ex vigile del fuoco di San Francisco Caroline Paul, con le stupende illustrazioni di sua moglie Wendy McNaughton - così bello che lo metto sempre in bibliografia ai miei studenti. È la storia della "protesta" del gatto Tibia, che si allontana misteriosamente da casa per lunghi periodi. Caroline, immobilizzata da un incidente, risentita e sospettosa, comincia a spiarlo e tracciarlo in vari modi, fino ad acquistare in un negozio per investigatori privati un collare GPS con minicamera. Alcune delle illustrazioni sono come delle infografiche fatte a mano. È imperdibile quella sui "pericoli per un gatto nella città di San Francisco nella mente della sua padrona", e nella rivelazione finale del nascondiglio di Tibia c'è un pezzo straordinario della storia della città. Pur esilarante, "Lost Cat" (che esiste anche in italiano) è in realtà una storia sulla gelosia e sulla libertà: "non si può mai conoscere qualcuno del tutto come si vorrebbe", scrive Caroline, "ma va bene così, l'amore è meglio".

Grazie a tutti, vi abbraccio e ci sentiamo la settimana prossima!
Marina

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